Era il 18 novembre del 2022 quando il corpo senza vita di Alice Neri venne ritrovato carbonizzato all’interno della sua stessa vettura nelle campagne di Fossa di Concordia. La giovane mamma e moglie di 32 anni di Ravarino la sera precedente era uscita con un collega di lavoro, e con lui si era intrattenuta in un bar di Fossa fino alle 3 del mattino. Il giorno successivo il marito non vedendola rientrare aveva fatto scattare una denuncia. Intorno alle 21 di quella sera il macabro ritrovamento: Alice era stata uccisa e il suo corpo dato alle fiamme. Aperte le indagini, in un primo momento il marito e il collega di lavoro erano stati iscritti nel registro degli indagati, fino al dicembre del 2022 quando in Francia venne arrestato Mohamed Gaaloul, 29enne tunisino, principale indiziato e ultimo ad aver visto in vita Alice. Da lì si è aperto un lungo processo a suo carico. In questi anni Gaaloul si è sempre dichiarato innocente ma le indagini hanno escluso il coinvolgimento di altri soggetti. Durante il processo si è scatenato un serrato dibattito sull’arma del delitto, probabilmente un grosso coltello, mai ritrovato, e le tracce di DNA trovate sul reggiseno di Alice: frammenti maschili che non coincidono con quello dell’imputato. Nel dibattimento la corte ha autorizzato perizie sulle riprese video relative alla sera dell’omicidio, ma anche ulteriori accertamenti sulla vettura della donna. L’avvocato Roberto Ghini, legale di Gaaloul nella sua arringa finale ha fatto leva sulle criticità emerse in incidente probatorio sottolineando come gli elementi raccolti non fossero sufficienti ad attribuire la colpevolezza al suo assistito. Al contrario gli avvocati della madre e del fratello della donna, Cosimo Zaccaria e Marco Pellegrini, hanno invece difeso il modo in cui si sono svolte le indagini e chiesto trent’anni di reclusione per omicidio volontario e soppressione di cadavere per l’imputato. Ora il processo si avvia alla conclusione: la sentenza è attesa per il 23 luglio 2025