Confermata in appello la condanna a trent’anni

E’ stata confermata a 30 anni di carcere la pena nei confronti di Rocco Varanzano, il 44enne muratore di origine calabrese che nell’ottobre del 2009 travolse e uccise il maresciallo dei carabinieri Andrea Angelucci ad un posto di blocco. L’investimento mortale si verificò nel folignate, poi l’uomo fuggì a Modena dove travolse un agente di polizia e venne infine braccato dopo un serrato inseguimento. La Corte d’assise d’appello di Perugia ha accolto la richiesta della procura generale, confermando dunque la sentenza emessa in primo grado, quando Varanzano venne ritenuto responsabile di omicidio volontario pluriaggravato (quello di Angelucci) e di tentato omicidio (per l’investimento dell’agente scelto della Questura modenese Cristian Salsetta), mentre per un secondo tentato omicidio (quello dell’appuntato Mauro Merli, di pattuglia insieme ad Angelucci) la Corte optò per la derubricazione in resistenza a pubblico ufficiale. Varanzano, detenuto nel carcere di Terni, ha sempre negato di aver voluto uccidere il sottufficiale dell’Arma. Presente in aula come a tutte le altre udienze di primo grado, il 44enne ha accolto in silenzio la lettura del dispositivo della sentenza d’appello. Chissà, forse ripensando a quel maledetto primo ottobre del 2009, quando alla guida di una Ford Focus (che è poi risultata rubata nei dintorni di Cesena) aveva forzato un posto di controllo nel centro di Foligno ferendo lievemente due militari. L’auto venne poi individuata da un elicottero nella zona di Colfiorito, ma l’uomo alla guida era scappato a piedi impossessandosi di un Suv X5 Bmw. L’auto venne però intercettata intorno alle 21.30 a un posto di blocco presso la frazione di Volperino e, a quel punto, travolse il maresciallo dei carabinieri Andrea Angelucci che morì nell’ospedale di Foligno. Nel frattempo una pattuglia della polizia stradale inseguiva la X5 che però faceva perdere le proprie tracce. L’auto pirata venne nuovamente avvistata il giorno dopo, questa volta a Modena: l’inseguimento, l’investimento dell’agente Salsetta e il fine corsa in via Ancona, grazie ad un proiettile che centra la ruota anteriore destra. Anche al processo di appello era presente la famiglia di Angelucci: «Nessuna sentenza ci darà indietro nostro figlio – ha dichiarato ai giornalisti presenti in aula il padre di Andrea – Siamo comunque soddisfatti per la conferma della condanna. D’altronde abbiamo sempre creduto nella giustizia». nDaniele Franda