L’azienda di San Felice apre il nuovo stabilimento Commesse salvate grazie all’aiuto dei concorrenti

Quasi due milioni di euro di fatturato e un’attività proiettata soprattutto verso l’export. Poi improvvisamente il terremoto e tutto sembra finito per sempre. Sono passati più di nove mesi dal sisma di maggio, ma la Serital di San Felice sul Panaro ha dimostrato che dalle macerie si può ricostruire. Ieri l’inaugurazione del nuovo stabilimento dell’azienda in via Fermi, specializzata in serigrafia industriale e tampografia. L’attività è iniziata nel 1982 e da allora Dario Castellazzi e il socio Carlo Franciosi hanno fatto crescere la Serital fino a farle conquistare importanti fette di mercato, lavorando con big del biomedicale e multinazionali, tra cui la Schneider. I numeri parlano chiaro: un giro d’affari che nel 2011 ha toccato quota 1,8 milioni di euro, centinaia di commesse internazionali, migliaia di stampe ad alta specializzazione. Una storia aziendale capace di resistere alla crisi degli ultimi anni, contribuendo a quel 2% di Pil generato dall’Area Nord. «Il terremoto di maggio ha messo tutto in discussione. – ricorda Giovanni Castellazzi, figlio del titolare – E’ crollato il tetto del capannone dove era ubicata la produzione. Sotto le macerie sono finite macchine e lavorati già pronti, comprese costosissime matrici di stampa». A venire lesionata anche la parte di struttura ampliata negli anni ‘90. Impietoso il conto dei danni: circa 1,5 milioni di euro. «Nei giorni successivi siamo riusciti a recuperare soltanto due stampatrici più grandi, mentre le altre le abbiamo ricomprate», aggiunge ancora Castellazzi. Al taglio del nastro sono accorse molte autorità, perché la Serital è uno dei primi esempi di impresa completamente distrutta e interamente ricostruita. Tra i suoi 15 lavoratori e molti clienti storici, hanno plaudito alla forza di volontà della proprietà, il sindaco di San Felice, Enrico Silvestri, il presidente della Provincia, Emilio Sabattini, e l’assessore regionale alle Attività Produttive, Gian Carlo Muzzarelli. Nelle parole del fondatore, Dario Castellazzi, il senso di sconforto dopo la violenza del sisma, ma anche il coraggio di non darsi per vinto: «Soltanto la prima notte dopo il crollo ho pensato di chiudere, ma poi ho deciso di non arrendermi». All’entrata della Serital è un imponente pannello fotografico a testimoniare l’evolversi nei mesi dei lavori di ricostruzione: la struttura ingoiata dalle macerie, gli operai al lavoro per estrarre i macchinari, l’arrivo delle gru, la costruzione dei primi muri, fino alla nuova struttura. «Avremmo voluto costruire un edificio in metallo – spiega il signor Castellazzi – ma quando mio figlio Giovanni, ingegnere, ha fatto effettuare i sondaggi si è scoperto che la vecchia sede, senza precauzioni antisismiche come usava all’epoca, era sorta sopra la sabbia, a 15 metri. Il nuovo capannone è tutto in cemento armato, con una rete di travi tra loro collegate e agganciate ai pilastri». Nelle ore post-sisma la Serital ha tentato da subito la ripartenza, scongiurando così lo spettro della delocalizzazione: gli strumenti più piccoli sono stati trasferiti in un capannone affittato poco lontano, mentre in segno di solidarietà alcune aziende concorrenti si sono offerte di soddisfare temporaneamente le commesse più importanti rimaste in sospeso. L’ostacolo più grande per la realtà di San Felice è stato quello di reperire la liquidità necessaria per avviare subito il cantiere. Impossibile aspettare la burocrazia e lo stanziamento certo delle risorse pubbliche. «A giugno non c’erano ancora notizie sugli aiuti, così abbiamo ottenuto un prestito dal nostro istituto di credito e il resto lo abbiamo anticipato noi», afferma ancora Giovanni Castellazzi. L’azienda sta per completare la richiesta di accesso ai fondi per la ricostruzione e si vedrà restituito quanto sborsato di tasca propria. L’inaugurazione di ieri è stata per la Serital lo spartiacque tra il dramma e la rinascita. E un altro tassello della geografia produttiva della Bassa che torna al suo posto. nVincenzo Malara