Dubbi sul metodo e sulla scelta delle varietà

VIGNOLA – E’ una ciliegia sempre più amara quella a marchio Igp per tutti i coltivatori di Vignola e dintorni. A una settimana dalla scadenza dei termini per presentare le adesioni cresce il malumore tra gli agricoltori della zona per l’ingresso nel sistema a Identificazione geografica protetta; una scelta che in tanti non sentono come propria e che ora sono costretti ad accettare con tutti i problemi che comporta. A parlarne è un imprenditore locale, Arcadio Boschi, che, prima su Amarevignola.it, e poi dalle pagine del nostro quotidiano, racconta quella che è l’altra faccia della medaglia. Per prima cosa non tutte le ciliegie di Vignola hanno ottenuto l’Igp, anzi solo quelle presenti da più di 20 anni, mentre le altre, circa il 50%, sarebbero rimaste fuori con la conseguenza devastante di non poter più utilizzare il nome Vignola. Ci sono poi i problemi burocratici e i costi che i coltivatori devono affrontare per aderire al marchio. Passaggi che avranno come inevitabile effetto quello di produrre un aumento del prezzo al consumo. «La ciliegia di Vignola era già abbastanza cara sul mercato – spiega Boschi -, non si può pensare che il cliente finale vada a comprare le ciliegie Igp da Bulgari o da Cartier». La richiesta del marchio a Identificazione geografica protetta è nata da un’iniziativa del Consorzio di tutela della ciliegia tipica e delle varie associazioni di categoria. L’8 novembre scorso è arrivato quindi il via libera ufficiale dall’Unione europea. Un riconoscimento che ha introdotto alcuni importanti vincoli. L’Igp vale infatti per le ciliegie di Vignola che sono ottenute da specifiche cultivar di ciliegio: Bigarreau Moreau, Mora di Vignola, Durone dell’Anella, Anellone, Giorgia, Durone Nero I, Samba, Van, Durone Nero II, Durone della Marca, Lapins, Ferrovia e Sweet Hear. «Sono fuori praticamente tutte le nuove varietà di ciliegie, ossia circa il 50% della produzione locale – spiega ancora Arcadio Boschi -. Vale a dire che il 50% delle ciliegie vignolesi non può più utilizzare il nome di Vignola: sono diventate anonime». Tra le varietà che non potranno presentarsi con il marchio Igp figura ad esempio la Celeste, una delle più diffuse degli ultimi anni. «I produttori dovranno avere due imballaggi: uno per l’Igp con il marchio Vignola e uno per le altre anonime. Morale della favola: mentre prima dell’Igp tutte le varietà del nostro territorio potevano avere il nome Vignola adesso più della metà saranno anonime» afferma ancora Boschi temendo un crollo dei prezzi per le ciliegie generiche sul mercato della grande distribuzione. Per chi invece punterà deciso sulle varietà riconosciute dall’Igp, pur non mancando le agevolazioni (per i primi tre anni le tasse di iscrizione saranno a carico dei Comuni), esistono comunque alcuni problemi da un punto di vista burocratico. Innanzitutto sui tempi. La comunicazione agli agricoltori è stata data lo scorso 14 marzo. La scadenza per presentare le domande di adesione, inizialmente fissata per la fine di marzo, è stata poi prorogata solo di un’altra settimana. Per iscriversi quindi occorre rispettare un rigido disciplinare che richiede tra gli altri il foglio catastale, con indicazione su terreno, numero di piante e varietà di ciliegia. Insomma un percorso a ostacoli su cui tanti produttori cominciano ormai a perdere un po’ di fiducia. ppp