Sul nostro territorio nell’ultimo anno sono addirittura aumentate dello 0,9%

Più forti (degli uomini) nella crisi, perché dotate di maggiore coraggio, dinamismo e creatività. Stiamo parlando delle imprenditrici modenesi che, nonostante debbano fare i conti con una serie di difficoltà e pregiudizi legati a una società ancora maschilista, mostrano tutto il loro valore anche in un periodo così drammaticamente difficile. Nel nostro territorio un’azienda su cinque è rosa. Lo attesta il Registro Imprese della Camera di Commercio. Sono infatti presenti ben 15.503 imprese capitanate da donne: rappresentano una quota pari al 20,6% del totale. Da notare come nel 2009 fossero 12.468 su 74.900, e cioè circa il 17% del totale: un balzo in avanti di ben 3,6 punti percentuali. Importante anche sottolineare che, rispetto al 2011, si registra un aumento di 142 posizioni, con un incremento dello 0,9% della base imprenditoriale. Il risultato assume maggiore significato se viene poi raffrontato con quello relativo al totale delle imprese modenesi, che ha di fatto mostrato l’anno scorso una flessione di 105 posizioni (-0,1%). Imprenditoria femminile dunque in positiva controtendenza: tenta di reagire alla crisi con la creazione di nuove imprese, viste anche come forma di autoimpiego per chi non riesce a trovare o non desidera un’occupazione dipendente. Per quanto riguarda le diverse forme giuridiche, si nota che l’imprenditoria femminile è particolarmente diffusa nell’ambito delle imprese individuali: in provincia sono 9.022 le aziende in rosa in questa categoria, e rappresentano il 24,3% del totale. Nelle forme giuridiche più strutturate la loro presenza è tuttavia inferiore: le società di persone sono 3.288 e rappresentano il 20,2% del totale; quelle di capitali sono 2.895 e coprono il 14,5%. A livello settoriale, le imprese guidate da donne sono concentrate prevalentemente nel commercio dove si contano 3.883 posizioni, che rappresentano il 24,3% del totale imprese registrate in provincia in quel comparto. Altri settori interessati dal fenomeno sono i servizi alle imprese (2.710 posizioni, 23,3%), il turismo (1.077 aziende, 25,7%) e l’agricoltura (2.221 imprese, 24,2%). L’evidente tenuta delle imprese in rosa dagli attacchi della crisi dimostra che le donne sanno affrontare con grande professionalità e intraprendenza anche le difficoltà maggiori. E infatti nemmeno la crisi e gli eventi sismici del maggio 2012 hanno arrestato l’imprenditoria ‘rosa’ modenese. Come osservato da Lapam e Cna, le donne portano con sé una determinazione, un bagaglio di competenze e di stili imprenditoriali differenti rispetto agli uomini. E così le imprese femminili hanno caratteristiche specifiche, tra cui la maggiore propensione all’innovazione, allo sviluppo e alla ricerca. Ma non sono naturalmente ‘tutte rose e fiori’. Sono infatti ancora numerosi gli ostacoli che limitano le donne nel fare impresa. Primo tra tutti, l’accesso al credito. Se infatti per un imprenditore ricevere un prestito da una banca è molto difficile, per una donna è proprio quasi impossibile. E non è la crisi ad avere inciso: secondo le associazioni di imprenditrici, era così anche prima del 2008. Si scopre così che le donne che scelgono di ‘fare impresa’ sono penalizzate dalle banche. Addirittura – secondo un’indagine nazionale -, sono costrette a pagare un tasso d’interesse pari allo 0,3% in più delle aziende che hanno a capo un uomo. Un trattamento che non trova la propria giustificazione nel fatto che le imprese femminili siano più rischiose delle corrispondenti aziende al maschile, tenuto conto che le aziende guidate da donne tendono, anzi, a fallire di meno. Uno degli ostacoli principali che si frappone tra la concessione di un finanziamento a una donna e l’imprenditrice è proprio la richiesta da parte degli istituti di credito del coinvolgimento del coniuge nell’avallo o nella fornitura di garanzie: in regime di separazione dei beni o di separazione coniugale ciò è di fatto quasi impossibile, perché rende la moglie imprenditrice dipendente dalla volontà del marito. Una situazione sconvolgente: questi problemi di accesso al credito per le imprenditrici esistono anche se oggettivamente le loro aziende non hanno performance diverse da quelle maschili e anzi mostrano una qualità del credito migliore. La spiegazione? Basta una parola: discriminazione. Discriminazione che colpisce anche sul nascere le imprese rosa, nella delicata fase dello start-up. Nel 2013 in Italia non c’è solo il problema del soffitto di cristallo, che impedisce a tante donne capaci di arrivare a posizioni di vertice, ma addirittura si stenta a pensare alle donne imprenditrici in maniera paritaria. Tanta strada è stata fatta, ma ancora tanta ne deve essere percorsa, anche per spazzare via atavici pregiudizi. Che la situazione sia grave e altrettanto urgenti le soluzioni è attestato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel suo discorso di insediamento lunedì, sferzando il parlamento ha chiesto di affrontare, tra l’altro, «la questione di un’effettiva e piena valorizzazione delle risorse e delle energie femminili… Non possiamo restare indifferenti dinanzi a costruttori di impresa e lavoratori che giungono a gesti disperati, a giovani che si perdono, a donne che vivono come inaccettabile la loro emarginazione o subalternità». La strada per l’Italia è una sola: «Volere il cambiamento… Misurarsi su quei problemi perché diventino programma di azione del governo». Le donne imprenditrici, con tenacia e intelligenza, la loro parte la stanno già facendo. nLuca Soliani