Tod’s e Ferragamo? Buone certo le loro performance, checché ne pensi Crédit Suisse. Anzi, a volte benissimo. Ma il fashion italiano è fatto anche di tante aziende che non ce la fanno più. Tra coloro che hanno deciso di ammainare bandiera bianca, c’è un grande nome del distretto di Carpi: Jolie Jolie, nata nel 2000 per produrre maglieria da donna, in proprio e conto terzi. «Non so come chiuderò», ha detto il titolare, Maurizio Lusvardi, a Jessica Bianchi, del ben informato settimanale locale Tempi. Tuttavia, pare questione di tempo: «A oggi l’azienda non è più operativa e non accettiamo ordini. La mia preoccupazione è quella di saldare pian piano tutti i terzisti». Ma cosa è successo a Jolie Jolie? E’ successo, ha spiegato Lusvardi, che in tre anni il fatturato, pari a 3,4 milioni nel 2011, ha perso il 70%, perché Italia ed Europa sono andate di fatto in stagnazione. Lui ha cercato di ridurre i costi, chiedendo qualche sacrificio anche al personale. In questo modo, si è creato un circolo vizioso, perché con minori spese, minori investimenti, si è via via meno competitivi. E, purtroppo, a Carpi la concorrenza è fiera, anzi sleale: e ora è inutile meravigliarsi se le aziende chiudono. A Tempi, Lusvardi non ha lesinato attacchi diretti: al credito, che volta le spalle alle imprese; alla politica, nazionale e locale, incapace di gestire una globalizzazione che sta uccidendo un distretto, una città ora dipinta come a rischio di crollo. Lui, fino a poche settimane fa, ha guidato un’associazione, la Lapam di Carpi, poi ha dovuto lasciare. Nei primi due mesi del 2014, a Modena e provincia, hanno invece lasciato il campo 373 imprese commerciali, come ha rivelato l’Osservatorio messo in piedi da un’altra associazione, Confesercenti. Quest’ultima, in una nota, definisce ancora più preoccupante «il dato relativo alle nuove aperture, 134 a livello provinciale: si tratta del dato più basso, per quanto riguarda il primo bimestre, degli ultimi quarant’anni». Il saldo, lo avrete capito, è negativo di quasi 240 unità: in sostanza, c’è stato un calo del 2,4% del totale delle attività registrate. E, «dopo l’ennesimo Natale fiacco», a chiudere «sono stati soprattutto donne e imprenditori over 50 ».