Lanalisi del professor avvocato Gianpiero Samorì, leader del MiR, ospite della trasmissione di Raitre Agorà
La crisi economica? Impossibile riuscire a superarla e ripartire, se prima non si riducono le diseguaglianze sociali. Con una classe media stritolata dal Fisco e stipendi sempre più bassi per i lavoratori, il livello dei consumi, in Italia, è destinato a rimanere basso ancora per molto tempo: un imbuto da cui il sistema capitalistico non può uscire. Soprattutto se, nel Belpaese, vi è una piccola elite di privilegiati che continua a godere di retribuzioni folli rispetto alla media nazionale. E questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato ieri mattina, dagli studi televisivi di Raitre, dal professor avvocato Gianpiero Samorì, fondatore e presidente del movimento Moderati in Rivoluzione (MiR). Ospite del programma Agorà, il professore ha analizzato lattuale stato di paralisi delleconomia italiana. Uneconomia in cui il 10% della popolazione detiene circa il 46% della ricchezza totale. Una situazione «vergognosa», secondo Samorì, e «foriera di una involuzione verso un regime oligarchico, che finisce sempre in una dittatura». «Tutti coloro che credono in una ideologia capitalistica come tipo di sistema devono operare perché le diseguaglianze abbiano tendenza a ridursi e non ad esasperarsi», osserva il leader del MiR. E non – o, quantomeno, non solo – per una mera questione etica, quanto proprio per ragioni di sopravvivenza del sistema. La riduzione delle diseguaglianze, per il professore, è «un elemento indifferibile». «Non può esistere sistema capitalistico se ci sono pochi ricchi e molti poveri: non funziona, perché vengono meno i consumi, la produzione, eccetera Dobbiamo puntare, semmai, ad avere l80-90% della popolazione che sta molto bene». Percorso impervio, certo. Ma di cui, almeno, si conoscono le cause: «Scelte totalmente sbagliate che vanno rettificate», secondo il professor Samorì, che invoca «un Governo di piena discontinuità su questi temi». Ebbene, ad avviso del leader del MiR, allorigine dellattuale stato di caos economico-sociale, vi sono almeno cinque concause. In primis, «sono stati introdotti dei meccanismi fiscali che hanno distrutto i ceti medi»: e così chi, prima, rimpolpava i consumi ora si trova a dover stringere la cinghia. Secondariamente, «abbiamoprivilegiato tutti i ceti non produttivi e che godono di rendite di posizione, nellambito di mercati non concorrenziali, rispetto ai ceti del lavoro»: il riferimento, ad esempio, è ai costi degli organi istituzionali, che in Italia sono il doppio o il triplo rispetto a quanto avviene in Germania». Terzo: «è stato consentito alle banche di risanare se stesse a danno di famiglie ed imprese». Gli istituti di credito, ricorda Samorì, «hanno ricevuto 130 miliardi di euro dalla Bce al tasso dello 0,5% e li hanno tesaurizzati. Questo perché in Italia manca una norma che imponga di utilizzarli, almeno in parte, a favore di famiglie ed imprese». Ecco allora che «abbiamo presentato al Ministero degli Interni e alla Corte di Cassazione una proposta di legge ad iniziativa popolare per introdurre questo obbligo». Poi, puno quarto, «non siamo intervenuti, ogniqualvolta il settore pubblico è stato chiamato a sopperire alle inefficienze del privato, per disciplinare profili retributivi». Lesempio citato è quello del Monte Paschi di Siena, cui sono stati elargiti dallo Stato 4 miliardi di euro «senza imporre obblighi retributivi per lalta dirigenza» e, di fatto, «consentendo rendite di posizione in aziende che, senza lintervento pubblico, sarebbero tecnicamente fallite». E qui sta uno dei punti cardine della proposta politica del MiR: ovvero la lotta ai superstipendi dei top manager. «Da almeno sei anni invoco lintroduzione di un tetto alle retribuzioni», sottolinea Samorì. Che, come presidente dellassociazione Bper Futura, combatte questa battaglia anche allinterno della Banca Popolare dellEmilia Romagna. Per il professore, in altre parole, è inammissibile che un dirigente, per quanto di alto livello, possa arrivare a guadagnare centinaia di volte di più di un dipendente della società che amministra. Nel modo in cui si misura la ricchezza dei cittadini in Italia, peraltro, secondo il leader del MiR, pesa un vizio di fondo: «Tutto si basa su redditi». Ma «non si può prendere il reddito come base di tutto, perché in questo modo si creano delle diseguaglianze ancora più marcate». E allora, semmai, converrebbe «rivalutare i redditi, soprattutto quelli più bassi». Altrimenti la forbice sociale andrà ampliandosi ancora. Cè, infine, un altro elemento alla base della crisi del BelPaese. E siamo al quinto punto. «Abbiamo adottato politiche razziste da punto di vista sociale», dice Samorì, prima di andare allattacco dellImu sulla prima casa. Un provvedimento gravosissimo per le famiglie italiane, in quanto limposta è stata adottata «senza nettizzarla dal debito contratto con la banca per comprare la prima casa». E così ecco che giovani coppie si trovano costrette a pagare limposta su un immobile per il quale stanno pagando anche le rate del mutuo. Il professore, peraltro, ha anche ben chiaro da dove si potrebbero recuperare le risorse per realizzare i provvedimenti che invoca. Cita almeno tre ambiti entro cui pescare. «Banca dItalia, Fondazioni, organi istituzionali». E a chi gli chiede cosa ne pensa del Governo Letta risponde così: «Penso che non è possibile governare con il Pd, per un motivo molto semplice: è lunico partito, in Italia, ad essere contemporaneamente statalista per definizione, burocratico per natura, conservatore e reazionario». Il tutto, aggiunge «in un momento in cui occorre una discontinuità totale». Serve un nuovo modello di sviluppo: il presidente del MiR lo chiede da lungo tempo. Un capovolgimento della situazione attuale, che sia, però, condotto da forze responsabili. Una rivoluzione fatta dai moderati. Appunto.