Non vi fu alcuna negligenza da parte degli agenti della penitenziaria: nel contesto della tragica rivolta che esplose nel carcere Sant’Anna di Modena l’8 marzo del 2020, “non si poteva fare di più”. Questa la risposta, in sintesi, che il Governo italiano ha dato alla Corte Europea dei diritti dell’uomo in merito ai fatti che portarono alla morte di nove detenuti. Il ricorso, presentato dai familiari delle vittime del Sant’Anna, in particolare dal padre e dal fratello di uno dei deceduti, era stato accolto dalla Corte Europea, al fine di fare chiarezza sulla celerità delle cure ai carcerati e la possibile mancanza di protezione dei soggetti fragili da parte dello Stato. Secondo gli avvocati dei familiari non sarebbero state nemmeno fornite informazioni chiare, né furono assunti rimedi per la pandemia che si stava velocemente diffondendo proprio in quei giorni. Per l’avvocatura dello Stato, non vi furono omissioni, né negligenze: secondo le osservazioni del Governo, nel caos della rivolta sarebbe stato impossibile per gli agenti, accorgersi e soccorrere immediatamente chi si stava sentendo male a causa dell’assunzione di farmaci, in particolare metadone. Il detenuto dei familiari che hanno fatto ricorso avrebbe assunto il medicinale volontariamente. I legali della famiglia presenteranno le repliche a queste osservazioni entro il 18 dicembre. Sarà poi la Corte a pronunciarsi su eventuali carenze o violazioni durante la sommossa