Il Riesame ha accolto il ricorso della Procura Generale e per questo don Giorgio Panini (nella foto) dovrà tornare in carcere. Quando non è però dato a sapere perchè i suoi legali Antonio Sarzi Amadé e Domenico Giovanardi hanno preannunciato un ulteriore ricorso in Cassazione. Ricorso che congela il ritorno dietro le sbarre fino a quando l’ordinanza sarà definitiva. Il 60enne ex parroco modenese lo scorso mese ha beneficiato dei domiciliari dopo essere stato condannato in appello a 10 anni e 8 mesi per l’omicidio dell’amico Sergio Manfredini, 67 anni, il 24 dicembre 2009 nell’abitazione della vittima dove era ospite da anni. La vittima e la moglie Paola Bergamini da tempo ospitavano nella loro casa a Vignola il sacerdote. Ma, a causa della relazione sentimentale di don Giorgio con una parrocchiana, i rapporti si erano deteriorati. Fino alla notte dell’omicidio quando il parroco perse la testa: uccise l’uomo, ferì gravemente alla gola la donna, e il figlio di lui. Nel mese scorso è arrivata la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Bologna di concedere i domiciliari chiesti dalla difesa del sacerdote, che ora vive in una sorta di monastero. La sentenza di secondo grado ha praticamente dimezzato la pronuncia del gup del Tribunale di Modena, che lo aveva condannato a 20 anni. I giudici bolognesi hanno derubricato da tentato omicidio a lesioni volontarie l’aggressione che don Giorgio fece nei confronti della moglie di Manfredini, Paola Bergamini appunto. La donna, ex insegnante di religione, venne colpita alla gola da un fendente del coltello brandito da don Giorgio. Venne ricoverata in ospedale, dove rimase in prognosi riservata per circa due mesi. Eppure per i giudici d’appello quello non fu un tentativo di omicidio ma una ‘semplice’ lesione. «Le ferite sono ancora aperte nelle persone che hanno subito una perdita così importante – aveva commentato il procuratore capo Vito Zincani la scarcerazione dell’ex prete – e decisioni come la riduzione della pena e la concessione dei domiciliari rischiano di ingenerare una percezione sbagliata all’esterno». «La sentenza di secondo grado – aveva tuonato il procuratore – è errata giuridicamente: una pena così esigua è ingiusta anche nei confronti di chi ha commesso reati di minore gravità. Siamo in linea con la Procura generale, vedremo cosa succederà in Cassazione».