La burocrazia lenta allunga i tempi per i pagamenti dei danni. E gli argini fanno ancora paura

Due anni sono passati, ma il terrore non si cancella. Era l’alba del 19 gennaio 2014 quando all’altezza della frazione di San Matteo, alle porte di Modena, l’argine del fiume Secchia si ruppe. Fu quello l’inizio di un incubo che per molti non è ancora finito. Dopo poche ore Bastiglia era allagata, poi l’acqua inghiotti anche Bomporto. Case invase dal fango, strade trasformate in canali, gommoni al posto delle auto. Danni per milioni di euro. E una vittima, Giuseppe Oberdan Salvioli, 43 anni, il cui cadavere fu trovato due settimane più tardi: era scivolato da un gommone mentre tentava di prestare aiuto ad altre persone. Tecnici e ingegneri hanno stabilito con certezza che a provocare l’esondazione furono le tane scavate negli argini da animali selvatici nuovi per il nostro territorio: tassi, istrici, volpi. All’inizio si parlava si nutrie, sembrava una presa in giro, ma poi gli studi hanno confermato che era tutto vero. Due anni dopo proseguono le indagini degli inquirenti per cercare di stabilire se qualcosa fu sottovalutato, se c’è qualche responsabile ma al momento nessuno risulta indagato. Due anni dopo i segni di quei terribili giorni la Bassa, già ferita dal terremoto, se li porta ancora addosso. I cittadini si sono rimboccati le maniche, molto è stato fatto, sul territorio – numeri della Regione Emilia-Romagna – sono arrivati 20 milioni di euro per i danni alle prime case. Tempi più lunghi si profilano per le imprese alluvionate: su 511 domande di contributo presentate, ne sono state liquidate solo 52. Poi c’è il capitolo dei lavori di messa in sicurezza: 104 i milioni di euro stanziati per le opere idrauliche, alcune delle quali sono già state completate, altre no. A Bomporto un gruppo di cittadini è pronto ad autofinanziarsi la costruzione di un argine di sicurezza. Due anni dopo, i fiumi fanno ancora paura.