«La Fondazione Mps fallirebbe se il Tesoro entrasse nell’azionariato della banca». Lo ha detto il presidente del Monte de’ Paschi di Siena, Alessandro Profumo, rispondendo ad un azionista che, nel corso dell’assemblea tenutasi ieri nella città del palio, chiedeva una maggiore presenza del pubblico nell’azionariato. L’assemblea ha approvato il bilancio del 2012, chiusosi con una maxi-perdita da 3,17 miliardi di euro dopo il buco da 730 milioni causato dalle complesse operazioni in derivati che l’attuale management scoprì solo lo scorso ottobre. Quel buco è stato un regalo della precedente gestione, quella del presidente Giuseppe Mussari e del direttore generale Antonio Vigni. Ieri l’assemblea ha anche votato a favore dell’azione di responsabilità contro di loro; la relazione della banca, in particolare, accusa Vigni di aver messo in piedi le operazioni in derivati, Alexandria in primis, per non pregiudicare i propri «benefici economici personali». Una delle ipotesi delle indagini giudiziarie e mediatiche, infatti, è che i derivati servissero a rimediare alla madre di tutti gli errori, l’acquisto a prezzi gonfiati di Banca Antonveneta nel 2008. Di certo, a sottoscriverli fu Mussari, in precedenza a capo proprio della Fondazione. Che oggi è scesa sotto la maggioranza assoluta della banca, al 37,56%. Ma continua, evidentemente, a dettare legge: e così, ora, si capisce perché lo scorso gennaio, quando lo scandalo dei derivati è scoppiato, il governo di allora non ha negato un maxi-prestito, i Monti-bond, rinunciando però a entrare nel capitale e soprattutto nella gestione dell’istituto. «Si parla sempre di alcune cose senza riflettere sulle conseguenze», ha aggiunto ieri Profumo, spiegando che con il Tesoro dentro il capitale «la Fondazione avrebbe più debiti di quanto non avrebbe all’attivo». E che comunque una simile ipotesi troverebbe l’opposizione della Commissione europea; la trattativa con quest’ultima, peraltro, al momento tiene nel congelatore l’aumento di capitale. Piuttosto, Profumo sogna un nuovo socio stabile, strategico, che detenga ben più del 4% del capitale (vedere articolo in basso). Infine, il presidente si è detto convinto della fondatezza dell’azione legale contro Nomura, l’istituto giapponese che, con Deutsche Bank, fu il principale partner di Mps nei derivati. La scorsa settimana, il gip di Siena ha però negato i sequestri conservativi urgenti chiesti dalla Procura a carico delle banche straniere e degli stessi ex manager.