Colpire le false cooperative che da nord a sud forniscono manodopera a basso costo alle aziende, non versano tasse e contributi e poi svaniscono nel nulla. E allo stesso tempo garantire allo Stato maggiori entrate per 400 milioni di euro all’anno. È questo l’obiettivo di una delle misure inserite nel decreto fiscale. Come si legge nel Documento programmatico di bilancio inviato alla Commissione Ue, infatti, fra i provvedimenti “di contrasto all’evasione e alle frodi” c’è “l’estensione del regime di reverse charge” – l’inversione contabile dell’Iva per cui a pagarla è l’acquirente e non il venditore – agli appalti nei settori che tradizionalmente fanno largo uso di forza lavoro. Si va dalla logistica ai servizi, fino all’alimentare, alla grande distribuzione e alla meccanica. Nelle intenzioni del governo, questo meccanismo tributario permetterebbe di scardinare un sistema illecito diventato negli anni terreno fertile per caporalato, ‘ndrangheta e grandi evasori. Dal Lazio al Veneto, passando per Piemonte ed Emilia Romagna, dove proprio qui nel 2018 gli operai della Castelfrigo, azienda della lavorazione di carni suine, hanno protestato per denunciare le condizioni di lavoro inaccettabili. Il metodo è sempre lo stesso. Quando un’impresa ha bisogno di operai per uno specifico servizio, piuttosto che sobbarcarsi il costo delle nuove assunzioni decide di affidarsi a una società esterna. A ottenere l’appalto è spesso una cooperativa fittizia, i cui lavoratori sono sottopagati e con poche tutele, mentre il titolare – nascosto da prestanome – non paga l’Iva delle fatture che emette e talvolta incassa dallo Stato pure dei crediti non dovuti. Poi succede che la coop sparisce nel nulla e con essa anche i soldi che erano destinati all’Erario.