Analizziamo nel dettaglio il gioco della squadra di Pecchia, a quota 25 punti in classifica e chiamata alla vittoria per agganciare il terzultimo posto. Perso Pazzini, i veneti si sono concentrati sul contropiede e i calci piazziati

Considerando fuori dai giochi il Benevento, ultimo con appena quattordici punti nonostante il gran lavoro fatto da De Zerbi, la lotta per salvezza resta quanto mai incerta e soprattutto per il Verona le chance a disposizione iniziano a non essere più molte. Fabio Pecchia, a rischio esonero già poche giornate dopo l’inizio del campionato ed ex vice di Rafa Benítez, si è ritrovato a guidare una squadra cambiata dal mercato invernale. Perso Caceres (tornato alla Lazio), il Verona ha deciso di fare a meno anche di giocatori di qualità come Bessa e Pazzini, considerati da Pecchia poco funzionali alla propria idea di calcio e forse anche poco in sintonia con il suo modo di gestire la rosa. Tuttavia il Verona è cresciuto, seguendo le direttive del proprio allenatore il quale, abbandonato quel calcio spregiudicato fatto di controllo della partita tramite il possesso palla e di pressing ultra-offensivo, ha virato verso qualcosa di più semplice e consono sia al materiale umano a disposizione sia alla ad una Serie A fatta di troppi difensivismi e tatticismi. Via allora ad un Verona schierato con un 4-4-2 che diventa 4-2-4 in fase offensiva, con il movimento costante degli attaccanti al fine di togliere punti di riferimento agli avversari. La fase di costruzione è diventata meno elaborata della precedente, col calcio lungo verso Petkovic per la ricerca della seconda palla che ha sostituito la ricerca esasperata della costruzione dal basso. Il Sassuolo dovrà fare grande attenzione alla velocità di Matos, Aarons, Kean e Verde, pericolosi in contropiede e abili nell’uno contro uno. Fari puntati anche sui calci piazzati, arma che il Verona sta sfruttando spesso per sbloccare le partite, soprattutto al Bentegodi.