A quattro anni dal sisma, ricostruzione completata in 25 dei 60 Comuni colpiti. Liquidati 1,5 miliardi di contributi a famiglie e imprese. Ecco come ha funzionato il piano che sarà adottato come esempio per il Centro Italia

Prima le scuole, gli ospedali e gli altri edifici pubblici, poi le abitazioni, i negozi e le imprese e infine i monumenti e le chiese. Le comunità mantenute nei loro luoghi, nessuna new town ‘in stile L’Aquila’. Questo il piano di ricostruzione seguito in Emilia dopo il terremoto del maggio 2012. Questo il modello che il Governo ha intenzione di adottare, ora, per gestire il post-sisma nel Centro Italia. Il coordinamento delle opere di riedificazione sarà affidato, non a caso, a Vasco Errani, già commissario alla ricostruzione in Emilia, dove lo stato di emergenza è ancora in corso e terminerà nel dicembre 2018. A quattro anni dal terremoto, i lavori di ripristino sono stati completati in 25 dei 60 Comuni compresi nel cosiddetto cratere del sisma. Le persone sfollate in questi anni hanno abitato in moduli temporanei, 19mila di loro hanno fatto rientro nelle proprie case. Tre i tipi di contributo economico previsti, differenziati a seconda dell’immobile danneggiato. La procedura per richiedere i rimborsi è stata tra gli aspetti più contestati della ricostruzione ‘modello Emilia’. Per quanto riguarda le case e i negozi, sono state presentate 9mila domande di contributo, 7mila sono state accolte per un valore pari a 1,7 miliardi di euro: di questi, è stato liquidato per ora un miliardo. Quanto alle aziende terremotate, a fronte di 3.400 istanze di rimborso, sono state 2.100 quelle accordate per 1,1 miliardi concessi, di cui 536 milioni liquidati. Nei prossimi mesi si passerà alla fase chiese e monumenti. La difficoltà maggiore della ricostruzione, a detta delle stesse istituzioni che se ne sono occupate, è stata la mancanza di un quadro normativo cui fare riferimento. A tal proposito, in Parlamento si sta lavorando a un disegno di legge sulle calamità naturali.