Scelta obbligata quella di Mons. Cavina, le cui dimissioni lasciano un vuoto nella Diocesi di Carpi: i cittadini ricordano il suo operato a favore della città e della Diocesi

Promosso alla cattedra vescovile da Papa Benedetto e dimissionario sotto Papa Francesco, Mons. Cavina Vescovo di Carpi ha ritenuto non più sopportabile la pressione esercitata da un’opinione pubblica capace di eseguire processi sommari sulla base dei soli sospetti e non disponibile a rivedere i propri giudizi nemmeno dopo che la magistratura ha archiviato le indagini. Processi, quelli fatti dai media, che giungono a sentenza prima ancora del rinvio a giudizio, e quel che è più grave durante la fase del segreto istruttorio, quando la legge stabilisce che le indagini rimangano riservate. Troppo spesso accade che alla gogna mediatica non segua la dovuta riabilitazione, nemmeno quando le indagini preliminari vengono giudicate inconsistenti dagli stessi che le hanno condotte. Così è capitato a Mons. Cavina, il quale, nemmeno sfiorato dall’imputazione della magistratura, si è comunque sentito costretto alle dimissioni: a determinare la scelta, la necessità di porre fine alla faccenda: pare essersi trattato di una scelta obbligata, da parte del Vescovo, stando a quanto trapela dalla Curia, in riferimento alle voci che hanno continuato a riecheggiare nell’ambiente carpigiano. Un affare, insomma, quello montato ai danni di Cavina, che poteva sgonfiarsi solo attraverso questa decisione. In conclusione impossibile non notare come la vicenda che ha coinvolto Mons. Cavina, lungi dall’aprire scorci sulla corruzione nella Chiesa, parli con chiarezza dei problemi del sistema giudiziario e di quello mediatico. Dispiaciuta la reazione alla notizia da parte di chi lo ha conosciuto in questi anni di ministero e ne ricorda l’impegno.