I giudici hanno stabilito che i documenti estratti con un trojan dal pc della professoressa non potranno essere utilizzati come prove perché non era stata chiesta l’autorizzazione al Tribunale : accolte le eccezioni della difesa

Le prove acquisite dal computer della professoressa Maria Grazia Modena non potranno essere utilizzate nel processo sulla Cardiologia del Policlinico. Due giorni dopo la paziente “resuscitata” in aula, è una clamorosa novità quella che emerge dal Tribunale e riguarda la validità degli elementi probatori estratti dal computer dell’ex primario durante la fase di indagini preliminari. Gli investigatori avevano infatti inoltrato un virus informatico nel dispositivo, un cosiddetto trojan, che all’insaputa della dottoressa aveva estratto una marea di documenti, mail e non solo, scambiate tra la Modena e altre persone a loro volte accusate nell’inchiesta “Camici sporchi”. File poi usati dalla Procura per costruire il castello accusatorio.

La possibilità di appoggiarsi a questi documenti era stata contestata dall’avvocato Luca Brezigar, che difende una delle dottoresse indagate, già in fase di udienza preliminare ma l’eccezione era stata rigettata. Ora la questione è stata modellata e ripresentata non davanti al gip bensì nel processo ordinario, che coinvolge la maggior parte degli imputati. Brezigar e altri tre legali si sono appellati al collegio giudicante che con un’apposita ordinanza ha dato ragione alle difese. Due i motivi sottolineati dai giudici: primo, il fatto che l’accusa non avesse chiesto l’autorizzazione al Tribunale, equiparando quell’intrusione informatica a un’intercettazione telefonica; e secondo, ribadendo che una registrazione digitale di questo tipo può essere compiuta solo per ipotesi di reati legati alla criminalità organizzata. E non era questo il caso.

La novità, è evidente, potrebbe dare una svolta al processo anche se bisognerà capire quanto le prove tratte da quei documenti siano effettivamente rilevanti. Beneficio dalla questione potrebbe trarre anche la prof. Modena, che in primo grado è stata condannata in abbreviato e che sta preparando l’appello: l’istanza di secondo grado potrebbe appunto far leva anche sull’acquisizione non autorizzata dei file dal suo pc.