L’antica campana civica del municipio di San Cesario è tornata a casa grazie alla donazione di un agricoltore con l’hobby dell’antiquariato che dopo averla scoperta in un’umida soffitta l’aveva acquistata per sé

Dopo 61 anni di vane ricerche, alle 10,30 di questa mattina (venerdì 26 maggio) l’antica campana civica del municipio di San Cesario è tornata a casa grazie alla donazione di un agricoltore che ha l’hobby dell’antiquariato e che dopo averla scoperta in un’umida soffitta l’aveva acquistata per sé. Dopo averla ripulita da polvere e incrostazioni di ogni tipo si è accorto di uno stemma, quello del Comune di San Cesario e sotto la scritta “Cavani Domenico fece A. 1862”. L’agricoltore, che non è di San Cesario, ma desidera restare nell’anonimato, è salito al primo piano del Municipio di San Cesario, l’ha consegnata di persona all’Assessore al Bilancio, Cultura, Sport, promozione territoriale e Comunicazione Francesco Zuffi, ha stretto al mano al Sindaco Gianfranco Gozzoli e al consigliere Luciano Rosi e se ne è andato sorridendo dopo pochissimi minuti, felice del suo gesto generoso e disinteressato, ma anche sicuro che l’antico cimelio verrà custodito da oggi in avanti con maggior cura. La campana civica di bronzo, che stava sul lato sinistro del balcone municipale dal quale Sindaci, Podestà e Commissari Prefettizi si presentavano alla folla, venne “rapita” la notte tra l’11 e il 12 giugno del 1956 da quattro ventenni di Spilamberto che vollero in quel modo vendicare l’affronto subito 11 anni prima dalla Parrocchia di Spilamberto, quando un cannoncino di bronzo di età napoleonica venne sottratto con destrezza da Gustavo Sola, detto il Corsaro, e portato a San Cesario per festeggiare la Liberazione. Il cannoncino preso in prestito con modi spicci non fu mai più restituito, quindi Livio Sirotti, Eugenio Vaccari, Alessandro Zanotti e Rino Cavani, quattro baldi giovani di Spilamberto lavarono in quel modo l’offesa architettata dal Cav. Adelio Fabriani, detto “Il Potta”, che era stato la vera mente dell’impresa. La storia del ratto del cannone fece il giro del mondo e approdò sulle pagine dell’americano Time il 23 gennaio 1950, quello della campana apparve su tutti i rotocalchi dell’epoca e andò in RAI il 16 novembre 1988 nella trasmissione “Vediamoci alle 10”, condotta da Vincenzo Buonassisi ed Eugenia Monti. Poi nuovamente il fattaccio nella notte tra il 30 e  il 31 gennaio 1989, con la beffa di carnevale compiuta da due di quei baldi giovani spilambertesi, che avevano ormai i capelli bianchi, Livio Sirotti e Eugenio Vaccari, i quali salirono nuovamente sul balcone municipale “orfano” della campana,  con l’aiuto di altri due compagni d’impresa, cioè Cesare Giusti ed Enzo Masetti, per infilare nei ganci una nuova campana, non di bronzo ma di piombo, perfettamente identica alla precedente, ma senza battacchio trattenuto in ennesimo segno di beffa. Storie d’altri tempi, rivalità strapaesane che colorirono un periodo, poi  il silenzio sino a ieri, quando la mitica campana di bronzo mostrata in modo episodico di quando in quando dagli spalti del Torrione di Spilamberto o dagli schermi televisivi, ha fatto fortunosamente ritorno e questa volta sembra per sempre, grazie all’anonimo agricoltore con l’hobby dell’antiquariato e con grande soddisfazione dell’Amministrazione Comunale che deciderà il modo migliore per rendere omaggio non a una, ma a due campane, una falsa di piombo e una autentica di bronzo.