Finalmente alla ribalta mondiale una testimonianza di fedeltà e coraggio che ha ancora molto da dire

CARPI – Sentitissima partecipazione ieri mattina per la beatificazione di Odoardo Focherini in piazza Martiri, vero evento che ha visto la partecipazione delle diocesi di Trento e quella tedesca, del vescovi di Carpi Cavina e del cardinale Angelo Amato, che ha presieduto la celebrazione. Ricordiamo che Focherini nacque a Carpi nel giugno 1907, dedicando il suo impegno all’Azione Cattolica Italiana, collaboratore de L’Avvenire d’Italia, di cui divenne amministratore nel 1939. Nel 1930 sposò Maria Marchesi, da cui ebbe sette figli: Paola, Carla, Gianna, Rodolfo, Lena, e i già deceduti Olga e Attilio. Durante gli anni del regime si dedicò alla carità e alla solidarietà verso i più poveri e i perseguitati, salvando un centinaio di vite. Arrestato nel 1944 presso l’ospedale Ramazzini di Carpi, venne in seguito trasferito al campo di Fossoli e poi a Hersbruck, sottocampo di Flossenbürg, dove morì da martire lo stesso anno in seguito alle percosse subite. Anche qui però non perse il suo ottimismo, predicando la parola di Dio, dividendo i suoi pasti con gli altri detenuti, da lui considerati fratelli. Tra i riconoscimenti già ottenuti vi sono la Medaglia d’oro delle Comunità Israelitiche italiane, nel 1955, il titolo di Giusto fra le Nazioni, nel 1969 e la Medaglia d’oro della Repubblica Italiana al Merito Civile nel 2007. Durante la celebrazione è stato ricordato come un uomo di fede, dedito al sacrificio, alla preghiera e all’azione, sia in famiglia che nella comunità della sua Chiesa, simbolo di carità, fedeltà ed adesione alla parola cattolica. Il cardinale ha sottolineato inoltre la straordinaria attualità della sua figura, nobile esempio per i giovani, predicatore del bene, sostenitore della libertà di religione e di pensiero. Giorgio Lambranti, testimone e figlio di un collega di Focherini, ha vissuto con profonda commozione la cerimonia, ricordandolo con affetto e profonda gratitudine, come un padre acquisito. Fu lui infatti a organizzare la fuga della sua famiglia in Svizzera, trasmettendo serenità ai bambini per proteggerli dall’orrore dalla realtà da cui stavano fuggendo. Era presente anche uno dei nipoti, Francesco Manicardi, che lo ricorda attraverso i racconti della nonna Maria e della madre Gianna, come un padre affettuoso, marito generoso e devoto, un uomo attento ai bisogni di tutti, non solo degli ebrei che ogni giorno bussavano alla sua porta, ma anche degli amici in difficoltà e di tutti i bisognosi, in un impegno costante e quotidiano. Ma Focherini svolse anche un vero e proprio ruolo di resistenza culturale, diffondendo le sue idee cattoliche con coraggio e andando contro le autorità del regime cambiando anche i titoli dell’Avvenire o evitando l’uscita del giornale quando gli veniva imposto di trattare determinati argomenti. Questa resistenza e la sua vicinanza alla comunità ebraica gli valsero l’arresto, senza accuse formali, e la morte nel campo di concentramento. Sul palco era presente anche il reliquiario, contenente un frammento di granito proveniente dalla cava di Flossenburg, in cui Focherini lavorò durante la permanenza nel campo, e l’anello nuziale del beato. Una cerimonia molto sentita per la città e per coloro che da sempre lottano per il riconoscimento del valore della testimonianza, che finalmente ha ottenuto la ribalta a livello mondiale. nValentina Po